Legge 181/2025: il femminicidio è legge

Cosa cambia e cosa devono sapere vittime, familiari e professionisti

Con la Legge 181/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, il legislatore introduce nel nostro ordinamento il reato autonomo di femminicidio.
Senza entrare nel merito circa la reale necessità di questa norma nel nostro ordinamento, non si può tacere che la novella legislativa mira a riconoscere la specificità della violenza di genere, cercando di offrire strumenti più efficaci di tutela.

In questo articolo analizziamo i punti chiave della legge, le ricadute pratiche e gli aspetti da conoscere sia per le persone coinvolte in situazioni di rischio, sia per i professionisti che assistono vittime e familiari.

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1. Il nuovo reato di Femminicidio: cosa prevede la Legge 181/2025

La norma inserisce nel codice penale il nuovo art. 577-bis c.p., che punisce come femminicidio l’uccisione di una donna:

  • per motivi di odio o discriminazione di genere
  • come atto di possesso, dominio o prevaricazione
  • in relazione al rifiuto di una relazione o alla volontà della donna di interrompere un rapporto
  • o come forma di limitazione delle sue libertà personali

La pena prevista è l’ergastolo.

Quando ricorre una sola circostanza  attenuante  ovvero  quando una circostanza attenuante  concorre  con  taluna  delle  circostanze aggravanti  di  cui  al  secondo  comma,  e  la  prima  e’   ritenuta prevalente, la pena non puo’, comunque, essere inferiore ad anni ventiquattro.

Questa definizione ha implicazioni importanti: non ogni omicidio di una donna è automaticamente un femminicidio, ma solo quello motivato da ragioni legate al genere o alla volontà di controllo.


2. Le principali novità operative

✔ Riconoscimento giuridico della violenza di genere

Per la prima volta si afferma espressamente che la violenza contro le donne ha una matrice strutturale, non episodica.

✔ Pene più severe e quadro sanzionatorio più chiaro

L’introduzione dell’ergastolo come sanzione standard colloca il femminicidio al massimo livello di gravità dell’ordinamento.


3. Cosa cambia per chi richiede tutela legale

La nuova legge incide su vari aspetti, perché apporta anche significative modifiche al reato di maltrattamenti, stalking, lesioni ecc… modifiche che incidono su:

  • vicende relazionali con segnali di controllo, minacce o persecuzione,
  • situazioni di separazione conflittuale,
  • contesti familiari violenti,
  • valutazione del movente in sede investigativa,
  • accesso alle misure di protezione per la vittima e i figli.

Per questo è fondamentale rivolgersi immediatamente a un legale esperto, in grado di:

  • valutare i rischi concreti,
  • attivare misure d’urgenza,
  • seguire il percorso penale e civile,
  • proteggere la persona coinvolta e i suoi diritti.

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4. Perché questa legge può aumentare la protezione reale

La creazione di una fattispecie autonoma ha anche un effetto culturale e simbolico: riconosce che la violenza sulle donne non è solo un fatto privato ma un fenomeno sociale strutturale.
Allo stesso tempo, spinge gli operatori (forze dell’ordine, magistratura, servizi sociali, avvocati) ad adottare un approccio più rapido e sensibile alle dinamiche di controllo.

Per le donne che vivono situazioni di rischio — o che temono evoluzioni violente — avere un quadro normativo chiaro e incisivo può fare la differenza.


5. Quando rivolgersi a un avvocato

È consigliabile chiedere assistenza quando:

  • si subiscono minacce, atti di controllo, stalking, isolamento economico, vessazioni frequenti da parte del partner;
  • si è in fase di separazione con un partner violento;
  • si percepisce un progressivo aumento della tensione;
  • un familiare o una persona cara mostra comportamenti preoccupanti;
  • si vuole capire come tutelare sé stessi o i propri figli.

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Conclusioni

La Legge 181/2025 rappresenta un cambio di paradigma nella tutela penale contro la violenza di genere.
Per chi vive situazioni a rischio — o per chi deve affrontare conseguenze familiari, psicologiche e patrimoniali — è essenziale conoscere i propri diritti e agire tempestivamente.

ORDINI DI PROTEZIONE: l’allontanamento dalla casa familiare e gli altri provvedimenti accessori non possono essere disposti se è cessata la convivenza.

Un nostro assistito, imputato per maltrattamenti in famiglia, si rivolgeva al nostro studio per informarci che la ex moglie, con ricorso depositato in Tribunale, chiedeva il suo allontanamento dalla casa familiare, la cessazione di condotte vessatorie e di porre a carico del marito un assegno di mantenimento pari ad Euro 700,00.

Tuttavia, il nostro assistito, ben prima del deposito del ricorso si era allontanato dalla casa familiare e, tra l’altro, era destinatario di un divieto di avvicinamento, pertanto, con ogni probabilità la ex moglie si rivolgeva al Tribunale per chiedere l’assegno di mantenimento, non essendoci necessità concreta degli altri provvedimenti.

Ci costituivamo in giudizio, sostenendo che non poteva essere adottato l’ordine di allontanamento dalla casa familiare, poiché il marito si era allontanato già molto tempo prima il deposito del ricorso, non vi aveva fatto più rientro, né aveva mai posto in essere alcuna condotta vessatoria ai danni della moglie. Inoltre, doveva essere rigettata anche la domanda di assegno di mantenimento in quanto accessoria.

La disposizione sul mantenimento è accessoria al provvedimento principale di protezione, sicché la mancanza di presupposto per l’adozione del provvedimento principale determina l’ìimpossibilità di adottare il provvedimento accessorio.

Si chiedeva, quindi, il rigetto del ricorso.

Il Tribunale, accogliendo le nostre difese, ritenuto infondato il ricorso della moglie del nostro assistito lo rigettava, ritenendo che:

L’istituto previsto dall’art. 342-bis c.c. presuppone la convivenza delle parti, requisito
imprescindibile ai fini dell’emanazione della peculiare misura cautelare introdotta
dalla legge 4.4.2001 n.154… da cio’deriva l’impossibilita’, in questa sede, di adottare sia l’ordine di
allontanamento dalla casa coniugale sia gli altri provvedimenti di cui all’art.342 ter
cc. richiesti dalla ricorrente in quanto accessori al predetto ordine.

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